Una ex pm che indagò su Messina Denaro: «Ho pensato che non lo volessero prendere»

L’ex procuratrice aggiunta Principato ricorda che il procuratore capo non volle che proseguisse un’operazione che forse avrebbe portato a Messina Denaro

Teresa Principato, ex magistrato oggi in pensione, è stata procuratrice aggiunta a Palermo e pm antimafia. Per molto tempo ha dato la caccia a Matteo Messina Denaro. Dopo la cattura del boss ha parlato di probabili connessioni del “padrino” con la massoneria, sostenendo che i “liberi muratori” probabilmente hanno protetto la latitanza del boss. Una pista che all’epoca fu abbandonata perché, secondo la Principato, le sue indagini furono ostacolate.

In una intervista rilasciata a La Stampa ha detto: «Pensai davvero che non lo volessero prendere». Ed ha ricordato: «C’era un boss che secondo noi ci avrebbe portato da Messina Denaro. Sia io sia altri colleghi cercammo di convincere il procuratore a fermare i colleghi del gruppo agrigentino che volevano procedere al suo arresto, vanificato tutto. Anche i carabinieri del Ros ci parlarono. Invano».

L’intervento del procuratore capo Francesco Messineo bloccò l’ex pm

L’ex pm si riferisce al caso di Leo Sutera e ricorda: «Era un capomafia. Appena uscito dal carcere incontrò Messina Denaro. Aveva anche il compito di farlo incontrare con due mafiosi palermitani. Lo fotografammo mentre estraeva da una pietra un pizzino del latitante. Lo lesse e lo rimise al suo posto».

Per l’indagine utilizzarono persino i droni. Ma i colleghi di Agrigento vollero arrestarlo in un’altra operazione. Il procuratore capo di allora, Francesco Messineo, ha aggiunto la Principato, le chiese se lei fosse certa dell’intercettazione che collegava Sutera a Messina Denaro. «Confermai, ma non si convinse – racconta –. E successe un’altra cosa strana. Seppi che poco dopo, in quei giorni, si recò in aula bunker dove venivano effettuate le intercettazioni sulle ricerche del boss. Chiese a un ufficiale di sapere se ve ne fossero di interesse». Successivamente l’ex pm portò il caso al Consiglio Superiore della Magistratura, che però non intervenne.

Fonte foto La Stampa