Tirrenia, fallimento bloccato: nel piano di Onorato la vendita di 5 navi

Ecco cosa prevede il concordato richiesto e le perplessità in merito dei sindacati di categoria

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La situazione dell’ex Tirrenia, oggi “Cin” del gruppo Onorato, si è arenata nuovamente proprio quando pareva potesse arrivare ad un punto di svolta. Proprio allo scadere del termine ultimo per evitare il fallimento, infatti, Tirrenia – Cin ha presentato una richiesta di “concordato in continuità”. L’azienda, con a capo l’imprenditore Vincenzo Onorato, attraverso una nota ha manifestato l’intenzione di vendere alcuni “asset” aziendali e ricorrere all’intervento del fondo Italiano Europa.

Al momento la situazione debitoria di “Cin” ammonta complessivamente a 640 milioni di euro. Di questi sono ormai “noti” i 180 milioni da corrispondere allo Stato italiano in seguito all’acquisto di Tirrenia avvenuto nel 2012. Proprio su tale insolvenza si basava l’istanza di fallimento presentata il mese scorso dalla Procura di Milano. Quest’ultima da oltre un anno analizza i flussi economici che riguardano “Cin” ed altre società appartenenti della famiglia Onorato.

In particolare, secondo le indagini, dal 2015 al 2020 circa 48 milioni di euro sono transitati da “Cin” a “Moby”, per poi passare nelle casse di “Fratelli Onorato Armatori”. Inoltre, in una sola settimana del 2018 Cin ha spostato nelle casse di Moby 85 milioni di euro; il tutto si somma ai lussi familiari e alle note “donazioni” di Vincenzo Onorato a personaggi o associazioni legati alla politica.

LE CLAUSOLE DEL CONCORDATO

E così, dopo due proroghe ottenute dallo Stato, prima a firma Conte e poi Draghi, il gruppo Onorato nella serata di lunedì ha presentato una richiesta di concordato. La soluzione proposta è mirata alla “continuità aziendale“, nonché al “mantenimento dei posti di lavoro e delle rotte“. Nello specifico, nel testo del documento si riporta l’intenzione di vendere cinque navi per un incasso stimato di poco più di 100 milioni.

Il piano – scrive l’azienda in una nota – assicura le migliori condizioni per il rilancio dell’impresa, il mantenimento dei servizi ai clienti, la salvaguardia dei livelli occupazionali diretti e dell’indotto nel settore marittimo, tra i più colpiti dalla crisi Covid-19, superata dalla compagnia grazie ad un business solido ed in crescita“. Il tutto “non prevedendo alcun tipo di contributo pubblico da convenzioni, ma operando sempre in regime di libero mercato“.

Secondo quanto descritto nella proposta di concordato, verrebbe dunque a decadere la convenzione di continuità territoriale di 72 milioni di euro l’anno, con la quale l’ex Tirrenia assicurava il servizio da e per la Sardegna anche in bassa stagione. Nonostante ciò, però, il gruppo Onorato prevede di saldare i debiti in un massimo di cinque anni. In particolare, vi sarebbe una percentuale massima del 35% per i creditori chirografari, grazie ad un contributo di 63 milioni di euro che arriverebbe da Europa Investimenti del gruppo Arrow Capital.

Grazie al fondo italiano – annuncia “Cin” – pagheremo 77 milioni di euro in favore di banche e bondholders, ovvero l’intero debito nei confronti degli stessi, che saranno quindi obbligati al rilascio del consenso alla cancellazione delle ipoteche attualmente esistenti in loro favore sulle navi. Di conseguenza permarrebbe sulle stesse la sola iscrizione di ipoteca di primo grado in favore di Tirrenia in AS”.

I SINDACATI CHIEDONO CHIAREZZA

Non si sono fatte attendere le reazioni dei sindacati confederali al concordato proposto da Cin. In particolare la Uiltrasporti chiede che venga istituito “un tavolo istituzionale e uno aziendale” e la Fit-Cisl chiede esplicite garanzie per lavoratori e mobilità. C’è anche chi, come Filt-Cgil, auspica che “la ricostituzione del debito venga accolta” per salvare servizi ed operatori.

Ci sembra di capire che questo concordato sia più che altro un atto all’esclusiva salvaguardia dal fallimento. –Evidenzia il sindacato Orsa Marittimi Il piano di concordato depositato da Tirrenia Cin prevede la percentuale di rimborsi dei debiti e la vendita di 5 motonavi; si tratta di Isola di Capraia, Beniamino Carnevale, Bithia, Janas e Athara. – Fra gli altri costi fissi da segnalare ci sono quelli per il personale marittimo, che dal 2021 al 2025 saranno ‘influenzati dal cambio dell’operativo navi e della flotta, nonché dall’aumento relativo all’aggiustamento previsto nel contratto collettivo nazionale applicabile’. Inoltre, per il personale amministrativo, ci sarà una riduzione del costo pari al 6% annuo dal 2022 al 2024. Ci domandiamo – prosegue la notase il piano che prevede la Cin non significhi solo lacrime e sangue per i marittimi e amministrativi.

IL RISCHIO DI “STAGIONALITÀ”

Visto che la Cin intende vendere 5 navi – evidenzia il sindacato – ciò implica che si ridurrà forza lavoro e costo del personale. Un’altra anomalia sta nel fatto che Cin non sarebbe più convenzionata ma diventerebbe una società stagionale con la maggior parte della flotta ferma in disarmo. Si presume dunque che durante l’inverno ci saranno tre o quattro navi in linea, pertanto qualcuno ci dovrebbe spiegare su quali navi saranno collocati i 6000 lavoratori che Cin intende tutelare, visto che 5 saranno vendute. Urge chiarezza su questo concordato, in particolare in relazione a chi ne avrà beneficio e chi sarà messo in cassa integrazione.

In questa faccenda si deve intervenire subito per avere chiarimenti. – Conclude Orsa Marittimi – I lavoratori non devono essere abbandonati loro destino, ma essere tutelati dalla clausola sociale, come già è successo in passato con ex Tirrenia pubblica. Infine ci chiediamo come mai lo Stato possa permettersi di vendere sue navi ancora non pagate.