Sono passate alcune ore dalla tragedia che ha colpito la famiglia di Antonella, bimba palermitana di dieci anni rimasta vittima di un gioco social lanciato su Tik Tok.
La piccola aveva partecipato ad una challenge dove, per sfida, si sarebbe legata una cintura al collo, rimanendo però soffocata. Da lì il trasporto in pronto soccorso all’ospedale “Di Cristina”, dove è arrivata in arresto cardiorespiratorio. Dopo una rianimazione d’urgenza, la bimba è rimasta fra la vita e la morte per alcune ore. La situazione è poi degenerata in morte cerebrale, con la famiglia che ha quindi autorizzato l’espianto degli organi.
Intanto, il Garante per la protezione dei dati personali ha disposto nei confronti di Tik Tok “il blocco immediato dell’uso dei dati degli utenti per i quali non sia stata accertata con sicurezza l’età anagrafica“.
Un tema, quello della regolamentazione dei social media, che torna d’attualità, dopo le polemiche delle scorse settimane seguite alla censura di alcuni account per la pubblicazione di contenuti che violavano la policy delle piattaforme online. Il caso più celebre ha riguardato l’ormai ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ma non solo. Anche il quotidiano Libero era stato bloccato su Twitter, salvo poi tornare a cinguettare qualche ora dopo nella confusione generale.
Ma qui non si parla soltanto di un tema come la libertà d’espressione, che sicuramente meriterà un approfondimento a livello normativo in futuro. Oggi si discute invece di tutela dei nostri figli. Come si possono difendere i più giovani da un mondo così dinamico e veloce come quello dei social media?
Abbiamo deciso di chiederlo ai cittadini, attraverso delle interviste realizzate nel centro città di Palermo. Le posizioni sono varie e con visioni diverse dettate dalle singole esperienze di vita.
Il punto chiave, nella prevenzione di simili tragedie, viene generalmente riferito dagli intervistati alla vigilanza dei genitori. Secondo Giovanni Ciavarello ad esempio, “i genitori dovrebbero controllare meglio le attività dei bambini, anche alla luce di queste menti che mettono in giro questi giochi che sono molto pericolosi. Bisogna fare prevenzione. Da genitori mi sento di dire che non è facile, ma bisogna provarci“.
Ma alcuni, come la signora Maria Ciaccio, ricorda la mancanza di socializzazione causata dall’emergenza coronavirus e dalle restrizioni annesse, sottolineando però anche il ruolo positivo di internet nella vita di tutti i giorni.
“I social possono essere educativi per i ragazzi. Ma il punto è che i genitori devono vigilare. Causa covid i ragazzini sono stati molto penalizzati. Prima vedevo ragazzi che andavano nei giardini, insomma stavano insieme“.
Un contatto umano che limiti l’utilizzo di queste piazze online a partire dal quotidiano, come chiede il signor Paolo Crimi.
“I bambini dovrebbero essere assistiti già a partire dalle scuole. Il Comune dovrebbe dire ai genitori: se avete bambini, portateli nelle strutture ricreative“.
Ma non è solo la società civile a porsi delle domande sul tema social network. Ma a farlo è soprattutto il mondo politico. Fra gli esponenti di maggior rilievo che hanno commentato la vicenda vi è anche il sindaco di Palermo Leoluca Orlando.
“Sono sotto shock, come credo sia sotto shock tutta la città, per la tragedia che ha visto oggi una bimba vittima delle ‘sfide social’. Una tragedia che ci interroga. Ci interroga sulle relazioni fra i giovani mediate dagli smartphone, sul ruolo sociale che alle nuove tecnologie stiamo sempre più delegando, sul rapporto fragile ma potente che sempre più giovani e adulti costruiscono e forse subiscono con i propri device digitali“.
“Credo non sia più rinviabile una riflessione su questi temi da parte di tutti noi – sottolinea Orlando -, ancor di più nel momento in cui la pandemia ci ha sempre più spinto verso la comunicazione digitale, facendone apprezzare le indiscusse potenzialità e positività“.
Sulla stessa linea di pensiero anche la deputata regionale di Forza Italia Marianna Caronia.
“È una tragedia che ci ha giustamente scosso perché ci mette si fronte ad una evidenza che forse abbiamo voluto non vedere. La pandemia e il massiccio ricorso al digitale hanno aggravato una situazione già in bilico con centinaia di persone, adulti e bambini, ormai dipendenti dagli smartphone e soprattutto dai social network in tutte le loro sfaccettature e versioni“.
“È ovvio che fra tutte le vittime, i bambini siano quelli più esposti – conclude –. Come madre e come amministratrice pubblica mi sento direttamente tirata in causa nel ritenere che dobbiamo tutti prendere posizione e trovare strumenti legislativi e culturali per fermare questa deriva.”