Dalle prime ore di questa mattina i finanzieri del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria, in collaborazione con il Comando Provinciale di Palermo, stanno dando esecuzione a un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali nei confronti di 5 persone. Gli arrestati sono gravemente indiziati dei reati di concorso esterno in associazione di stampo mafioso, riciclaggio, ricettazione ed estorsione aggravati. Ad emettere l’ordinanza il GIP presso il Tribunale di Palermo su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia.
Disposto anche il sequestro di 5 imprese operanti nel settore del commercio dell’oro, nonché di somme di denaro, oro, disponibilità finanziarie, beni mobili registrati, immobili e aziende nella disponibilità di 27 indagati. Per un totale di circa 5 milioni di euro.
L’attività investigativa avrebbe permesso di raccogliere elementi indiziari circa l’esistenza di un meccanismo di riciclaggio di oro che sarebbe stato messo in atto da una società palermitana. A coordinare le indagini la Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Palermo, condotta attraverso l’approfondimento di segnalazioni di operazioni sospette, corroborate da puntuali riscontri e dalle dichiarazioni di taluni collaboratori di giustizia.
Sulla base delle direttive impartite dal mandamento mafioso di Porta Nuova a Palermo, l’azienda avrebbe agito da collettore di grandi quantità di materiale prezioso raccolte nel territorio di riferimento sia da ladri/rapinatori sia dai relativi ricettatori. In definitiva, sarebbe emersa l’esistenza di un sistema illecito che esercitava un capillare controllo sulle attività di riciclaggio e ricettazione dei metalli preziosi di provenienza delittuosa.
Detta società, nel triennio 2016-2018, ha dichiarato operazioni di cessione di oro per oltre 2,19 tonnellate, per un controvalore di oltre 75 milioni di euro. A finanziarla sul nascere sarebbe stato l’allora reggente della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio.
In particolare, in base agli elementi raccolti dalle Fiamme Gialle, sarebbe emerso che, in una prima fase sarebbe stato sottoposto ad un processo di fusione per essere poi ceduto ad altri operatori del settore sotto forma di lingotti/verghe. L’acquisto del metallo prezioso sarebbe avvenuto in totale omissione degli obblighi antiriciclaggio, fiscali e di pubblica sicurezza e con la presunta consapevolezza della sua origine delittuosa (furti e/o rapine).
Successivamente, al fine di ridurre i rischi e di dare una parvenza di legalità alle grandi quantità di oro movimentato, i medesimi imprenditori si sarebbero serviti di soggetti esercenti l’attività di “compro oro”. Per quest’ultimi sarebbero emersi gravi indizi di reato in ordine all’emissione di false fatture di vendita.
Sono in corso di esecuzione numerose perquisizioni, nei confronti dei soggetti a vario titolo indagati, al fine di reperire ulteriori elementi probatori a supporto delle ipotesi accusatorie formulate. Il procedimento pende nella fase delle indagini preliminari e che fino a sentenze definitive vale la presunzione di non colpevolezza.