Non ha tratto alcun vantaggio economico dall’aver affidato a un suo amico, figlio di un boss mafioso, l’incarico di riscuotere un credito “lecito'” dall’imprenditore Graffagnini, ma per la Cassazione non è da mettere in discussione la condanna a tre anni e sei mesi per concorso in estorsione aggravata dal metodo mafioso nei confronti di Fabrizio Miccoli, l’ex calciatore del Palermo Calcio.
Per i giudici, a scagionare l’ex calciatore – che dal 24 novembre scorso si è consegnato nel carcere di Rovigo e attende di sapere l’esito della sua richiesta di affido ai servizi sociali per svolgere lavoro socialmente utile – non servono gli sms nei quali, secondo la sua difesa, invita Lauricella a “parlare tranquillo” senza “minacciare nessuno” dal momento che ha seguito passo passo tutta l’attività svolta dal figlio del boss per recuperare il credito e poi ha lui stesso restituito la somma contesa a Gasparini, ‘decurtata’ di quanto spettava a Lauricella.
L’ex calciatore è accusato di aver chiesto a Mauro Lauricella, figlio del boss della Kalsa Nino, un aiuto per la restituzione di ventimila euro all’imprenditore Andrea Graffagnini, per conto del suo amico Giorgio Gasparini. Un credito frutto della cessione della discoteca Paparazzi di Isola delle Femmine. Lauricella junior era già stato condannato definitivamente il mese scorso ed è già in carcere, dove sta scontando 7 anni.
Lo scorso 24 novembre, lo stesso ex calciatore si era costituito nel carcere veneto. E non, invece, in quello di Lecce, città dove risiede con la famiglia. Secondo la famiglia si era trattata di una scelta riconducibile alla volontà di Miccoli di “stare lontano il più possibile da tutto e da tutti”.