E’ stato l’evento della domenica sera in tv, stando ai commenti sui social. A prescindere da quel che dicono i dati auditel sugli ascolti delle trasmissioni delle reti televisive nazionali (per Non è la D’Urso, ieri sera, il 12% di share con oltre due milioni di telespettatori fin oltre mezzanotte), non c’è dubbio che la presenza della coppia palermitana, Gianluca e Grazia, marito e moglie, nella trasmissione di Barbara D’Urso su Canale 5, abbia calamitato l’attenzione di tantissimi, tra curiosi di conoscere ogni retroscena di una storia che più trash non si può.
Per i pochissimi che non li conoscessero, Gianluca e Grazia sono due dei tre protagonisti del video virale nel quale lui coglie in flagrante la scappatella di lei con l’altro, nell’ormai globalmente famoso hotel Eufemia di Isola delle Femmine. Tanti anche i commenti, tra lo scandalizzato e il sarcastico, davanti all’ennesima pagina di una televisione che fa ascolti puntando proprio su vicende poco edificanti o addirittura grottesche, per evitare altri aggettivi. Ascolti garantiti e sempre dai grandi numeri, perché la sete di pettegolezzi, di boccaccesco, sembra inesauribile tra gli spettatori.
Segno dei tempi? Non proprio, perché il gossip, il pettegolezzo, è vecchio quanto l’essere umano stesso. Anzi, secondo lo storico e divulgatore israeliano Yuval Noah Harari, sarebbe alla base dello sviluppo del linguaggio della specie Homo sapiens. Per il docente di Storia mondiale dell’Università ebraica di Gerusalemme, il nostro linguaggio si è sviluppato per scambiarci informazioni sul mondo. “Ma le informazioni più importanti che occorreva trasmettersi riguardavano gli umani, non leoni e bisonti”, scrive in “Da animali a dei. Breve storia dell’umanità“. “Molto più importante, per loro è sapere chi, nel loro gruppo, odia chi, chi dorme con chi, chi è onesto e chi è imbroglione“. Informazioni apparentemente futili, ma che servivano a impostare i rapporti all’interno dei gruppi, dei clan, delle tribù e delle società, anche per stabilire gerarchie e compiti di rilievo. Conoscere i fatti degli altri, insomma, per capire che tipi sono e come dobbiamo rapportarci con loro, nel nostro contesto sociale.
Un modo elegante per descrivere quel “cortile” nel quale le voci, dette di nascosto, alle spalle, hanno da sempre, e tutt’ora, dato un posto a ciascun componente, a ognuno dei nostri vicini, nel tentativo di andare oltre l’immagine che ciascuno vuol dare di sé, scoprendo altarini e scheletri negli armadi o sotto i letti. Per questo, la presenza di Gianluca e Grazia nel salotto di Barbara, che intanto hanno fatto pace, buon per loro, non ha sorpreso più di tanti. Quasi tutti immaginavamo, quando quel video ha cominciato a circolare su chat e social che la loro storia sarebbe finita lì, in quella trasmissione.
Il vero segno dei tempi, di cui scrivevamo prima, semmai, è far diventare pubblico ogni aspetto della nostra vita, anche quello che prima si cercava di nascondere agli “occhi del mondo”. Tutto quanto, insomma, una volta si occultava con pudore, ora invece, si fa a gara per esibire, pur di apparire. E certa tv si nutre, e alimenta a sua volta, del trash, del volgare, della risata grassa sulle miserie umane, sul brutto. In una spirale discendente che sembra non aver mai fine. Il guaio è che in quel palcoscenico sembra si faccia a gara per salirci, a ogni costo.
Viviamo nella civiltà dell’immagine, apparire prima che essere; anzi, apparire a prescindere dall’essere o addirittura a discapito dell’essere. Conquistare quel famoso quarto d’ora di celebrità, di cui parlò Andy Warhol, è diventata la cosa più importante. Si è andati oltre il gossip. Una volta a spopolare erano i pettegolezzi sui lati nascosti di star, di persone celebri che così erano resi più umani, con le loro debolezze che ce li rendevano più vicini. Si è passati poi al racconto delle vite delle persone comuni, con la cosiddetta “tv verità”, fino a scadere in questa deriva in cui si mette sulla piazza ogni vicenda, anche quelle che dovrebbero restare taciute, inconfessate per questioni di decoro personale e familiare. Una volta si chiamava onore, qualcosa di più prezioso di qualsiasi ricchezza.
Palermo caput mundi, da questo punto di vista. I nostri concittadini sono diventati frequentatori assidui di questi palcoscenici che garantiscono notorietà e prese in giro spietate sui social. Dai protagonisti del barbecue sui tetti, alle bagnanti di Mondello fino alle coppie fedifraghe, ce n’è per tutti.
In tutto questo, ci sono tratti di profonda differenza e altri comuni, tra le varie vicende. Prendiamo il caso di Angela da Mondello. La signora Chianello è diventata famosa suo malgrado: stava trascorrendo una giornata al mare, per i fatti suoi, quando è stata raggiunta dalle telecamere per un’intervista. La sua frase “Non ce n’è coviddi” è diventata un tormentone. La D’Urso ha sfruttato una popolarità involontaria, che volava sui social come Luna Rossa all’America’s cup, per fare ascolti e, a sua volta, la signora, in modo prima naif e poi provando a affidarsi a esperti, ha provato a approfittarne, attirando sui profili social turbe da record di follower e di hater. Che sono le due tipologie di “abitanti” delle piazze virtuali. I secondi, gli odiatori, quando i follower diminuiscono, sono quelli più tenaci, quelli che restano, mettendo le dita nelle piaghe di una umanità di periferia, dai forti limiti nell’istruzione, evidenziando strafalcioni lessicali e di pensiero. Ma è un pacchetto completo: se vuoi i follower, devi prendere pure gli hater, c’è poco da fare.
Nel caso della coppia dell’hotel Eufemia, invece, l’epilogo virale era scontato, anche se non voluto, come molti invece pensano maliziosamente. Quel video, nel pensiero di chi l’ha ripreso, doveva restare confinato al privato, alla cerchia famigliare, lì dove si dovrebbero lavare i panni sporchi. Ma nulla è destinato a restare privato, quando circola sul web, anche in una chat per destinatari ben identificati.
Così è stato per quella scena nel parcheggio dell’albergo palermitano. Per giorni non si è parlato di altro se non di quell’episodio che ha stravolto luoghi comuni e abitudini ancestrali: prima, le corna dovevano restare segrete, nascoste a ogni costo, oppure deflagrare in modo clamoroso col pubblico ripudio del fedifrago, in modo da mondare l’onorabilità del tradito. In questo caso sono state esibite in diretta nazionale, anche se al posto del ripudio c’è stato il perdono e la riconciliazione, che sono comunque un gesto bello e di grande civiltà. Palermo come Stoccolma. e l’amore trionfa su tutto. Meraviglioso, specialmente nel giorno di san Valentino.
Il tratto comune tra i tetti dello Sperone, la spiaggia di Mondello e l’albergo di Isola delle Femmine, è stato il tentativo dei protagonisti di diventare personaggi, di cogliere la palla al balzo di una popolarità non certamente positiva, involontaria o meno che fosse, ma che poteva portare vantaggi anche di natura economica. “C’è una sola cosa al mondo peggiore del far parlare di sé, ed è il non far parlare di sé“, diceva Oscar Wilde. Bene o male, purché se ne parli. Meglio se a far parlare di noi è un professionista.
Così, sia il pensionato dello Sperone che urlava “Matteo, il covid è cornuto”, sia la signora che diceva che a Palermo, nel momento in cui fu intervistata, non c’era covid, si sono affidati a agenti, sperando di far fruttare quella insperata fama. Gianluca e Grazia, no. Però, resta da capire perché una vicenda del genere, anziché lasciarla cadere nel dimenticatoio, debba essere portata alla ribalta nazionale, con la conseguenza di alimentare quella fama effimera e, francamente poco desiderabile, per lui e per lei.
Ma poco importa, perché la fiamma della notorietà brucia in fretta e non lascia che ceneri, se a alimentarla c’è soltanto la curiosità morbosa di un pubblico sempre in cerca di nuove vicende, di nuovi scandali, di avvitarsi in quel vortice discendente del trash, e non abilità, capacità, qualità che si affermino da sé.
Sotto allora col primo caso virale, naturalmente sui social e, immancabilmente, poi, in diretta tv.