Lo dice la sua storia: Palermo, da sempre città multietnica e aperta al nuovo non soffre di xenofobia. L’incoraggiante notizia attraverso uno studio, causa lockdown svolto in due anni scolastici. Comprende tanti giovani palermitani ed è stato voluto da loro stessi. Gli operatori hanno dovuto rimodulare il lavoro, facendo in modo d’incontrare dieci classi, il doppio di quanto previsto inizialmente. In totale sono stati più di centocinquanta gli studenti dell’Istituto partner, il Ferrara, nel centro storico di Palermo. I risultati che emergono da “Il messaggio corretto”, questo il nome del progetto (promosso dalla Cooperativa Sociale Nuovi Sviluppi, dall’Ufficio interdistrettuale di Esecuzione Penale Esterna per la Sicilia e dalla Fondazione Progetto Legalità Onlus, che ha curato il percorso scolastico, con l’Istituto Ferrara di Palermo, diretto da Patrizia Abate) sono chiari.
I giovani palermitani sembrano abituati a vivere in contesti multiculturali già nei quartieri di provenienza con nessuna propensione alla discriminazione razziale. Da parte dei ragazzi non vi è discriminazione verso le relazioni omosessuali, che sono guardate senza pregiudizi e come possibilità di vivere una relazione affettiva. Dalle ragazze, in particolare i pregiudizi verso la figura femminile, relegata a vecchi paradigmi e stereotipi. Sono loro stesse a manifestare il bisogno di essere riconosciute fuori dai cliché. La difficoltà nel riconoscere le proprie emozioni attraverso la reciprocità è presente sia nei ragazzi che nelle ragazze.
Nel nuovo contesto sociale del capoluogo d’altronde, l’utenza delle classi è composta a volte anche fino al 30%, da minori stranieri che vivono in comunità culturali a sé stanti. Tra cui quella bengalese, shrilankese, marocchina, ghanese e algerina. In alcuni casi, si tratta di giovani cresciuti nel proprio Paese di origine per buona parte della propria infanzia o pre-adolescenza.