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Martina Patti e la confessione dell’omicidio della piccola Elena: “Ero girata e non volevo guardare”

“Lucida e calcolatrice”. Così il gip di Catania, Daniela Monaco Crea, descrive Martina Patti nell’ordinanza cautelare in carcere per l’omicidio premeditato aggravato e l’occultamento di cadavere di Elena Del Pozzo, la figlia di soli 5 anni.

Nel provvedimento si legge che Martina Patti, nonostante il tentativo di “lasciar credere di avere agito senza una piena consapevolezza”, sia una donna “lucida e calcolatrice”. Se non arrestata “potrebbe darsi alla fuga”.

Per la piccola Elena “una morte violenta particolarmente cruenta e anche lenta“. Il gip ritiene che la madre in tutte le fasi dell’omicidio “deve essere stata necessariamente nel pieno delle sue facoltà”, trovandosi “in condizioni fisiche e psichiche idonee all’agire”.

Martina Patti e la confessione dell’omicidio di Elena

Martina Patti ha raccontato agli inquirenti: “Ho portato Elena in questo campo e le ho fatto del male e non ricordo altro”. In riferimento all’arma: “Una cosa lunga tipo un coltello, non ricordo dove l’ho preso, non so perché ce l’avevo”. Sul momento dell’uccisione specifica: “Non ricordo bene, perché ero girata e non volevo guardare”.

“Perché uccidere un figlio in tenera età – afferma il Gip – e, quindi indifeso, oltre a integrare un gravissimo delitto, è un comportamento innaturale, ripugnante, eticamente immorale, riprovevole e disprezzabile, per nulla accettabile in alcun contesto… indice di un istinto criminale spiccato e di elevato grado di pericolosità“.

Il giudice aggiunge anche che Martina Patti non ha manifestato segni di pentimento. “Ha inscenato il rapimento con estrema lucidità e non ha manifestato segni di ravvedimento e pentimento. Tutti elementi che denotano una particolare spregiudicatezza, insensibilità, assoluta mancanza di resipiscenza”.

Diversi i “non ricordo” da lei pronunciati. “Non ricordo cosa sia passato nella mia mente quando ho colpito mia figlia – ha detto -, anzi posso dire che non mi è passato nessun pensiero, come se in quel momento fossi una persona diversa”. E poi: “Non ricordo la reazione della bambina mentre la colpivo, forse era ferma, ma ho un ricordo molto annebbiato“. E ancora: “Non ricordo di aver sotterrato la bambina, ma sicuramente sono stata io“. La 23enne ha invece affermato : “Quando sono andata al campo avevo con me una busta di plastica di colore nero che ho strappato dal rotolo prima di uscire di casa“.

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Redazione PL