Omicidio Roberta Siragusa, c’è la sentenza: ergastolo per l’ex fidanzato

Il corpo senza vita della 17enne fu rinvenuto in un dirupo del Monte San Calogero, a Caccamo, la mattina del 24 gennaio 2021

roberta siragusa

Termina con la condanna all’ergastolo di Pietro Morreale il processo sull’omicidio di Roberta Siragusa. La giovane di 17 anni fu ritrovata senza vita in un dirupo del Monte San Calogero, a Caccamo, nel Palermitano, la mattina del 24 gennaio 2021. Qui Morreale, fidanzato della vittima e unico imputato nel processo, aveva condotto i carabinieri. 

Morreale è stato anche condannato al pagamento delle spese processuali e al risarcimento delle parti civili, per un ammontare di circa 800mila euro. Tra 90 giorni il deposito delle motivazioni della sentenza. 

Omicidio Roberta Siragusa, il confronto in aula

Gli avvocati di parte civile, Giovanni Castronovo, Simona Lo Verde, Sergio Burgio e Giuseppe Canzone, avevano chiesto l’ergastolo per Morreale, accusato di avere ucciso la 17enne. La stessa richiesta è stata avanzata dal pm Giacomo Barbara, che ha coordinato le indagini condotte dai carabinieri del gruppo di Monreale. Dall’altra parte, la difesa del ragazzo ha sempre sostenuto che, al culmine di una lite col fidanzato, Roberta si sarebbe cosparsa di benzina e data fuoco.

Pietro Morreale questa mattina era presente in aula vestito con camicia bianca, giacca e jeans; presenti anche i familiari e amici di Roberta. L’avvocato Giovanni Castronovo ha contestato la tesi della difesa che ha parlato di incidente, ricostruendo le azioni di Morreale dopo la morte di Roberta. Dunque, dalle partite alla play station ai messaggi inviati al cellulare della ragazza, intesi come tentativo di depistaggio. Il legale ha ricordato, inoltre, i 33 episodi di violenza documentati ai danni della 17enne e la paura della giovane di lasciarlo. 

“Rischio di suggestioni”

La difesa, nel proprio intervento, ha sottolineato invece il rischio di suggestioni e la necessità di un processo giuridico che secondo logica interpreti i fatti. Più che di un suicidio da parte di Roberta, si sarebbe trattato dunque di un incidente. Roberta non aveva intenzione di fare quella fine. Nel momento in cui si era avvicinata al fidanzato per dirgli che si frequentava con un altro ragazzo, lui le avrebbe detto che avrebbe raccontato tutto alla madre. A quel punto, temendo il genitore, la 17enne avrebbe preso benzina e accendino non aspettandosi però il tragico epilogo. Una tesi che ha fatto sì che Iana Brancato, la mamma di Roberta Siragusa, abbia lasciato l’aula seguita dagli amici della ragazza.

La difesa ha continuato chiedendo accertamenti sull’esplosione le cui fiamme hanno avvolto Roberta. Se fosse stata generata da Morreale, sarebbero morti entrambi, si sostiene. Il mancato ritrovamento degli abiti indossati quella sera dal giovane – altro elemento che resta in sospeso – non sarebbe, inoltre, a lui imputabile. A Morreale si potrebbe più che altro imputare tutto ciò che ha fatto dopo la morte di Roberta, che sarebbe frutto della confusione di un ragazzo che ha assistito a quanto accaduto. Quanto alla pena, sconterebbe già “l’ergastolo dell’anima” – sostiene il legale – dato che Roberta sarebbe morta a causa delle accuse che lui voleva riferire alla madre. 

Il legale ha anche sostenuto che la paura di Roberta nei confronti del fidanzato sia stata solo un’invenzione per attirare le attenzioni del ragazzo del quale si era invaghita. Il fatto che, inoltre, l’iniziativa dell’uscita di quella sera fu della 17enne escluderebbe la premeditazione. Così come il fatto che Morreale non abbia chiamato e aspettato i soccorsi, cosa che avrebbe potuto concorrere alla creazione di un alibi.  

 

 

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