Ravanusa, Pietro Carmina ed il triste destino descritto in un suo libro
Il destino gli è stato funesto riservandogli un rogo simile a quello che aveva descritto in un suo libro
Ravanusa, sono le 05:00 di mattina, sono passate circa 9 ore dalla terribile esplosione, ritrovato, sotto le macerie, il primo corpo senza vita. E’ di un uomo… Si tratta di Pietro Carmina, classe 1953, docente di storia e filosofia. Era sopravvissuto al Covid, Pietro Carmina, incrociando in ospedale Selene Pistelli, infermiera all’ospedale di Agrigento, anche lei morta assieme al marito ed al bimbo che portava in grembo, sotto le macerie.
IL TRISTE DESTINO…
Il destino gli è stato funesto riservandogli un rogo simile a quello della Chiesa Madre, nel 1955, da lui descritto nel suo libro “I totomè del barone” che ha ricevuto la Menzione d’onore al XII Premio Internazionale Navarro, celebratosi a Sambuca di Sicilia. Una trama inquietante perché, oltre ai dolci carnevaleschi citati nel titolo, tutto ruota attorno ad uno spaventoso incendio che colpisce, negli anni Trenta, Ravanusa. Con un intero paese alla ricerca delle cause.
SCAMPO’ AL COVID… MA NON ALL’ESPOLSIONE
Una foto riecheggia in queste ore sui social. Pietro sorrideva, come sempre, con i soliti occhiali inforcati sul naso. Era stato un buon professore, a sentire i suoi compaesani ed i suoi alunni. Aveva insegnato storia e filosofia al liceo classico Ugo Foscolo di Canicattì, poi era stato anche preside prima di andare in pensione. È scampato al Covid, sì… ma non all’esplosione: il suo corpo è, insieme a quello della moglie, assistente sociale, Carmela Sciabetta, nell’obitorio.
Il professore Carmina era andato in pensione nel 2018. Quando aveva lasciato la cattedra di storia e filosofia del Liceo Ugo Foscolo di Canicattì, aveva scritto una lunga lettera ai suoi ragazzi che oggi sembra più che mai un testamento morale.
“Ai miei ragazzi, di ieri e di oggi. Ho appena chiuso il registro di classe. Per l’ultima volta. In attesa che la campanella liberatoria li faccia sciamare verso le vacanze, mi ritrovo a guardare i ragazzi che ho davanti. E, come in un fantasioso caleidoscopio, dietro i loro volti ne scorgo altri, tantissimi, centinaia, tutti quelli che ho incrociato in questi ultimi miei 43 anni. Di parecchi rammento tutto, anche i sorrisi, le battute, i gesti di disappunto, il modo di giustificarsi, di confidarsi, di comunicare gioie e dolori, di altri, molti in verità, solo il viso o il nome. Con alcuni persistono, vivi, rapporti amichevoli, ma il trascorrere del tempo e la lontananza hanno affievolito o interrotto, ahimè, quelli con tantissimi altri. Sono arrivato al capolinea ed il magone più lancinante sta non tanto nell’essere iscritto di diritto al club degli anziani, quanto nel separarmi da questi ragazzi. A tutti credo aver dato tutto quello che ho potuto, ma credo anche di avere ricevuto di più, molto di più. Vorrei salutarvi tutti, quelli che incontro per strada, quelli che mi siete amici sui social, e, tramite voi, anche tutti gli altri, tutti, ed abbracciarvi ovunque voi siate. Vorrei che sapeste che una delle mie felicità consiste nel sentirmi ricordato; una delle mie gioie è sapervi affermati nella vita; una delle mie soddisfazioni la coscienza e la consapevolezza di avere tentato di insegnarvi che la vita non è un gratta e vinci: la vita si abbranca, si azzanna, si conquista". "Ho imparato qualcosa da ciascuno di voi, e da tutti la gioia di vivere, la vitalità, il dinamismo, l’entusiasmo, la voglia di lottare. Gli anni del liceo, per quanto belli, non sempre sono felici né facili, specialmente quando avete dovuto fare i conti con un prof. che certe mattine raggiungeva livelli eccelsi di scontrosità e di asprezza, insomma …. rompeva alla grande. Ma lo faceva di proposito, nel tentativo di spianarvi la strada, evidenziandone ostacoli e difficoltà. Vi chiedo scusa se qualche volta non ho prestato il giusto ascolto, se non sono riuscito a stabilire la giusta empatia, se ho giudicato solo le apparenze, se ho deluso le aspettative, se ho dato più valore ai risultati e trascurato il percorso ed i progressi, se, in una parola, non sono stato all’altezza delle vostre aspettative e non sono riuscito a farvi percepire che per me siete stati e siete importanti, perché avete costituito la mia seconda famiglia. Un’ultima raccomandazione, mentre il mio pullman si sta fermando: usate le parole che vi ho insegnato per difendervi e per difendere chi quelle parole non le ha; non siate spettatori ma protagonisti della storia che vivete oggi: infilatevi dentro, sporcatevi le mani, mordetela la vita, non “adattatevi”, impegnatevi, non rinunciate mai a perseguire le vostre mete, anche le più ambiziose, caricatevi sulle spalle chi non ce la fa: voi non siete il futuro, siete il presente. Vi prego: non siate mai indifferenti, non abbiate paura di rischiare per non sbagliare, non state tutto il santo giorno incollati a cazzeggiare con l’iphone. Leggete, invece, viaggiate, siate curiosi ( rammentate il coniglio del mondo di sofia? ).Io ho fatto, o meglio, ho cercato di fare la mia parte, ora tocca a voi. Le nostre strade si dividono, ma ricordate che avete fatto parte del mio vissuto, della mia storia e, quindi, della mia vita. Per questo, anche ora che siete grandi, per un consiglio, per una delusione, o semplicemente per una risata, un ricordo o un saluto, io ci sono e ci sarò. Sapete dove trovarmi. Ecco. Il pullman è arrivato. Io mi fermo qui. A voi, buon viaggio.”
SI CERCANO ANCORA DUE DISPERSI
Non c’è ancora traccia, invece, di Giuseppe Carmina e Calogero Carmina, padre e figlio. Il primo abitava in via Trilussa 62; l’altro, 33 anni, no ed era andato per il padre. Sono stati ritrovati i telefoni, i documenti, ma di loro non c’è traccia. I vigili del fuoco continueranno a cercarli per tutta la notte.