Una morte che lascia sgomenti, una strage che porta con sé strazianti interrogativi. Licata vive un incubo atroce da quando, Angelo Tardino, 48 anni, ha ucciso il fratello Diego, la cognata Alexandra Ballacchino e i due nipoti, Alessia di 15 anni e Vincenzo di 11. Braccato dai carabinieri, l’uomo si è infine sparato alla tempia per poi spegnersi all’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta.
Dietro l’atroce delitto pare che ci sia una contesa tra i due fratelli legata a un terreno nelle campagne di Licata. “Ci si chiede come, in nome di pochi ettari di terra, si possa arrivare a fare quello che è stato fatto, soprattutto spezzando queste vite innocenti che non meritavano questa fine”. A parlare così a Palermo Live è Floriana Costanzo, insegnante di Lettere del Liceo Linares di Licata nella classe frequentata da Alessia Tardino.
Oggi la giornata è stata tutt’altro che semplice tra le mura di quella scuola. La notizia della strage è giunta a metà mattinata, quando i compagni di Alessia avevano già svolto una versione di greco. Ed effettivamente l’assenza della 15enne, alunna modello, era parsa strana a tutti, tanto che una compagna le aveva inviato un messaggio per chiederle come mai non fosse venuta a scuola. Un messaggio rimasto, naturalmente, senza risposta.
“Quando ho saputo il tutto mi trovavo per i corridoi, in realtà oggi non sarei dovuta andare in quella classe – racconta la professoressa Costanzo -. Una collega mi ha informato e sono salita subito in classe, sinceramente per andare a vedere che non fosse vera la cosa. Invece quando ho trovato il banco vuoto, mi sono resa conto che era tutto vero. Ho chiesto ai ragazzi dove fosse Alessia e loro mi hanno chiesto perché oggi tutti gli facessero questa domanda. Ho capito, insomma, che dovevo in qualche modo comunicarlo ai ragazzi e l’ho fatto, con le dovute maniere; ho cercato di affrontare queste emozioni che alla loro età sappiamo essere anche devastanti”.
“Ora dovremo anche trovare le parole nei prossimi giorni per indirizzare nella maniera giusta le loro emozioni e per cercare di dare un senso a ciò che veramente un senso al momento non ha – prosegue l’insegnante -. Vedremo di trasformare anche questa esperienza terribile in un momento comunque educativo per loro, in qualcosa che insieme al ricordo della compagna possa rimanere d’insegnamento per la vita”.
Era una ragazza “come poche Alessia”. Così l’insegnante di Lettere la descrive. ” Quando penso ad Alessia non posso fare altro che sorridere perché, nonostante le mascherine che portiamo per ora in classe, i suoi occhi sorridevano. Era una ragazza serena anche nell’animo, dolcissima, molto studiosa, puntigliosa. Si vedeva che lei voleva costruire la sua vita attraverso lo studio, che aveva scelto consapevolmente l’indirizzo classico perché era certa che l’avrebbe indirizzata nella maniera giusta verso il suo futuro. Era desiderosa di apprendere; mi ricordo che alzava spesso la mano per chiedere delle spiegazioni. Era una studentessa brava e brillante. Spesso era desiderosa di farmi vedere quanto valesse, di convincermi che aveva imparato, che aveva studiato. Perché amava quello che faceva, amava quello che studiava”.
“Non sono parole di circostanza – precisa la professoressa – , assolutamente no. Alessia era così veramente, io vorrei solo che lei non avesse visto tutto il male del mondo alla fine. E’ stato un destino veramente brutto, peraltro da un familiare”.
Nulla era trapelato a scuola delle liti tra il padre della ragazzina e lo zio. “Lei sembrava serena in classe – ricorda la professoressa -. Ricordo di averla peraltro interrogata qualche giorno fa, quando ha fatto una brillante interrogazione. Oggi chiedevo e solo una compagna ha detto di aver saputo che c’erano delle liti in famiglia, ma nulla che potesse far presagire un esito del genere assolutamente. Non credo che nessuno fosse proprio allertato minimamente; forse parlando fra di loro i ragazzi così si scambiavano qualche opinione, ma con i docenti assolutamente nulla”.
Insomma, un contesto che rende tutto ancor più improvviso, assurdo, inspiegabile. “Una morte che ci lascia sgomenti – conclude l’insegnante -. Sarà difficile rientrare in quella classe, difficile parlare con il gruppo di compagni. Ma è una cosa che va fatta e che chiaramente pian piano cercheremo, facendoci forza, di affrontare”.