Che la Sicilia sia uno scrigno di tesori è risaputo, e che da sola possieda un quarto dei beni culturali nazionali è un fatto assodato. Ma è pur vero che la maggioranza dei turisti, siciliani e non, conoscono i siti famosi, quelli dei grandi numeri, quelli visti negli spot televisivi. Però la Sicilia è anche, e soprattutto, altro: centinaia di siti minori, piccoli musei, zone archeologiche dimenticate, straordinarie testimonianze poco o per niente conosciute.
La politica miope ci ha messo certamente del suo per non rilanciare questo straordinario patrimonio e per non averlo valorizzato. Ma sempre più la sete di conoscenza, soprattutto in attesa della fine del lockdown, e in un futuro immediato di turismo di prossimità, farà sì che gruppi di appassionati in cerca di nuova bellezza organizzi visite in piccole realtà. Ad esempio dell’entroterra siciliano che, con i suoi atavici problemi delle vie di comunicazione, rimane spesso escluso dai grandi circuiti. Piccoli gioielli che ci ricompenseranno della breve fatica che ci costerà raggiungerli.
A 700 metri sul livello del mare nell’entroterra siciliano, nel territorio di San Cataldo in provincia di Caltanissetta, cinque colline guardano l’ampia valle dove scorrono i fiumi Salso e Platani. Un sito ubicato in
una posizione eccezionale tanto che già in tempi risalenti al bronzo antico, l’uomo vi si insediò. E ciò è testimoniato dalle tracce di tombe a grotticella scavate fin dal 1956 sul fianco di una delle colline. Tracce importanti che danno inizio alla storia di una zona archeologica considerata a torto un sito minore e che negli anni recenti, ha vissuto episodi di abbandono e di oblio. Come spesso accade, aree archeologiche straordinariamente importanti e oggetto di studio da parte degli archeologi, hanno sorte inversamente proporzionale alla loro importanza. Pochi conoscono la storia di questa parte di Sicilia che per troppo tempo è stata, e per certi versi continua ad essere considerata, zona depressa e forse non degna di attenzioni, da parte di chi dovrebbe valorizzarla. Gli ultimi scavi nella zona di Vassallaggi, sottoposta a vincolo archeologico nel 1977, negli anni ’80 sono ripresi per circa un decennio dopo i primi effettuati negli anni ’50.
La zona, secondo gli studi, risulta occupata dall’uomo già duemila anni prima di Cristo, quando in Sicilia si diffondeva la cultura di Castelluccio, caratterizzata dalla produzione di ceramiche a superficie rossastra e decorata da motivi lineari di colore nero.
Nel territorio di Vassallaggi si stanziò in quel periodo una comunità dedita all’agricoltura e alla pastorizia. Si trattava di un piccolo villaggio di capanne a forma circolare caratterizzate da un piano ricavato nella roccia
e un elevato con rami e incannucciato poggiato su uno scheletro portante formato da tronchi d’albero.
Un villaggio molto simile ad altri sorti nelle zone limitrofe di Sabucina, di Gibil Gabib, di Tre Fontane, di Portella del Tauro, di Giulfo e di Balate nei territori di Caltanissetta, San Cataldo e Serradifalco. Le indagini archeologiche compiute negli scorsi anni, hanno accertato l’esistenza di una rete di villaggi simili, tutti postiin prossimità di aree pianeggianti solcate da corsi d’acqua, situazione ideale per le comunità agro-pastorali che potevano trarre il sostentamento dall’agricoltura e dall’allevamento.
La storia di Vassallaggi muta nel VI secolo a.c. quando il tiranno di Agrigento, Falaride, comincia il suo progetto espansionistico appropriandosi dei centri indigeni dai quali potevano essere controllate le vie militari e di commercio. Vassallaggi, grazie alla sua posizione geografica, fu allora trasformata in cittadella militare per realizzare il progetto del tiranno che mirava a controllare i traffici commerciali in danno della città di Himera.
Le fonti storiche non riportano molto sulle inevitabili lotte che caratterizzarono la presa di questi centri da parte di una popolazione con modelli certamente allora più evoluti, ma estranei al patrimonio culturale e alle tradizioni degli indigeni. E’ comunque certo che non fu un processo indolore.
Sulla terza collina dell’area archeologica, probabilmente fu costruito l’insediamento nel periodo di contatto con le popolazioni greche di Akragas, edifici che si estesero successivamente nelle altre colline che furono frequentate fino alla fine del V secolo a.C.
L’agorà della cittadella è stata individuata tra la seconda e terza collina del sito, uno spazio in cui si svolgeva l’attività politica e commerciale. Sulla seconda collina doveva invece sorgere il santuario di Demetra e Kore, le dee protettrici della terra, culto molto diffuso in Sicilia soprattutto nella zona centro-meridionale. Gli abitanti di Vassallaggi dedicarono alle due divinità un santuario e un edificio dove svolgere le pratiche rituali.
A riprova della destinazione del culto, sono state ritrovate statuette e busti fittili di Kore e statuette di offerenti che tengono al seno un porcellino, dono simbolico per le due dee. Nella seconda collina è stato individuato anche l’abitato civile, frequentato nel V secolo a.c.
Esso è caratterizzato da un impianto ortogonale di vie che delimitano gli edifici con le abitazioni formate da un cortile centrale attorno al quale si distribuiscono gli ambienti rettangolari con funzione di residenza e di servizio. La struttura dell’insediamento abitativo, ha consentito di individuare la presenza di gruppi gentilizi,certamente organizzatori del tessuto urbano, economico, religioso e politico.
Un contesto ben consolidato nel V secolo a.c. quando il centro assunse le dimensioni di una piccola polis sotto l’influenza di Akragas,come confermano i ritrovamenti di monete della zecca agrigentina. Il grosso muro di fortificazione, vero capolavoro dell’architettura militare antica e frutto di grandi sforzi economici e tecnici, conferma il ruolo centrale che la città assunse in quel periodo.
Alla fine del V secolo, il centro così come altre città del centro della Sicilia, venne distrutto ad opera dei Cartaginesi e fu quindi abbandonato. Mancano quasi del tutto dati relativi al successivo periodo ellenistico e romano, segno del definitivo abbandono. L’area fu frequentata nuovamente intorno al IV-V secolo d.C. quando una piccola comunità si insediò attratta dalle potenzialità agricole della zona. E’ questa l’ultima testimonianza della presenza dell’uomo a Vassallaggi in antichità.
Molte e con ricchi corredi funerari: le necropoli scoperte sui fianchi delle colline hanno restituito pregevoli materiali oggi esposti al Museo di Caltanissetta. Ed è proprio in queste necropoli che si legge bene l’influsso delle popolazioni greche negli usi degli indigeni di Vassallaggi. Dopo la metà del V secolo a.C., vengono adottate le pratiche funerarie tipiche del mondo greco; la popolazione predilige sempre di più i materiali di importazione greca, soprattutto le ceramiche a figure rosse che rappresentano scene riconducibili alla sfera domestica e alle attività dei defunti.
I corredi funebri degli uomini ritrovati nel corso degli scavi, vedono sempre la presenza del cratere che allude al consumo del vino e richiama direttamente il simposio. Spesso è presente lo strigile, uno strumento in metallo utilizzato per detergere dal corpo la mistura di olio e polvere usata dagli atleti, o ancora il coltello, spesso avvolto in una benda di lino che riporta al significato rituale collettivo legato alla spartizione delle carni della vittima durante il pasto sacrificale.
Nei corredi femminili sono stati rinvenuti molti oggettidestinati alla toilette: porta unguenti, pissidi, anforette, brocche, ma anche coltelli, a sottolineare l’attività domestica. E ancora fibule in metallo, bracciali in ferro, anelli in bronzo. Una ricchezza di materiali da ammirare al vicino Museo archeologico di Caltanissetta, bell’esempio di costruzione moderna dell’architetto Franco Minissi, che merita una visita approfondita per vedere e godersi i tanti oggetti recuperati a Vassallaggi e negli straordinari siti di questa parte della nostra Isola.
Nel 2018, dopo anni di abbandono da parte degli studiosi, fu fatto un grosso intervento di geoarcheologia non invasiva al sito di Vassallaggi. Grazie all’utilizzo di strumenti termografici, di telerilevamento e con il georadar, circa dieci ettari di territorio sono stati indagati dai geoarcheologi dell’Università di Camerino. Una operazione di grande respiro scientifico che ha visto interventi anche a Selinunte e alle Cave di Cusa, nel trapanese.
Vassallaggi con la sua storia antica, rappresenta un’antica comunità indigena con proprie forti tradizioni culturali. Essa, pur integrandosi con i Greci, ha saputo mantenere il proprio patrimonio culturale in un tempo in cui tutta l’Isola aveva assimilato gli usi della tradizione greca.
È in qualche misura la rappresentazione di ciò che i siciliani potrebbero e dovrebbero essere. Aperti al mondo e all’interculturalità ma con un forte legame con le proprie tradizioni e le proprie radici. E allora, visitiamo il sito archeologico di Vassallaggi guardando i luoghi e leggendo le tracce lasciate da quegli uomini antichi. Lavorando con la nostra fantasia per immaginarci dentro un territorio popolato già 4200 anni fa.
Uno sforzo di fantasia che ci faccia vivere il passato proiettato sul nostro futuro; con la nostra forza di viaggiatori colti che dovrà nascondere agli occhi le tante brutture e l’incuria che inevitabilmente vedremo. È la ricetta per maturare, grazie al passato, una forte energia per migliorare il presente e ricondurlo alla bellezza.
Per chi volesse quindi godere di questo luogo affascinante che trasuda storia da tutti i suoi elementi, alcune indicazioni. L’area archeologica si trova a pochi chilometri da San Cataldo, in provincia di Caltanissetta, sulla
strada che porta a Serradifalco, imboccando la strada che porta in località Roccella. Una piccola strada che passa tra case che poco hanno a che fare con la bellezza e il fascino del sito, porta ad una purtroppo malridotta via d’accesso all’area archeologica.
Una recinzione con un cancello protegge in qualche modo il
sito. Il Parco archeologico di Gela, su richiesta, consente la visita. Per avere una vista d’insieme, vale la pena completare la visita recandosi nelle vicine zone archeologiche di Gibil Gabib, a cinque chilometri da Caltanissetta, a Sabucina. E al piccolo ma delizioso Museo di Marianopoli.
Nel febbraio del 2018, durante una delle rare visite di un Assessore regionale ai Beni culturali nei territori della provincia di Caltanissetta, visitando molti di quei luoghi definiti da taluni in maniera sbrigativa“minori”, Sebastiano Tusa disse: “Sono venuto volentieri a San Cataldo. Perché qui si è realizzata una peculiare, virtuosa rete di relazioni tra Comune, Soprintendenza, Università, Associazioni, Banche, Enti privati, Cittadini. Davvero un bell’esempio”.
Ecco, a dispetto della miope visione negli anni verso questi territori, alcuni imprenditori, gli Enti locali, la Soprintendenza dei Beni culturali e soprattutto il mondo delle associazioni del territorio, lotta e continua a mettere al primo posto la rinascita e la valorizzazione dei siti culturali.
Le tante iniziative ideate dalle associazioni per la valorizzazione delle aree archeologiche, le decine di visite organizzate con esperti locali, gli incontri a tema e le azioni dirette sul territorio per dare dignità a millenni di storia, rendono onore a chi, con caparbietà e tenacia, non dimentica la propria storia.
Appena potremo, ripromettiamoci di andare a visitare le meraviglie archeologiche di Vassallaggi.