Non si spengono le polemiche in vista delle amministrative, anzi. Le critiche inizialmente avanzate dall’ex giudice Alfredo Morvillo, fratello di Francesca e cognato di Giovanni Falcone, sono state accolte e rimarcate dalla sorella del magistrato ucciso dalla mafia.
“A pochi giorni dal trentesimo anniversario della strage di Capaci ci troviamo costretti a chiedere a chi intende amministrare Palermo di dire parole chiare contro i mafiosi e chi li ha aiutati e di ripudiarne appoggi e sostegno”. Così Maria Falcone aveva dichiarato una decina di giorni fa. Un concetto ribadito anche nel “non invito” da parte della Fondazione Falcone ai candidati a sindaco di Palermo alle commemorazioni delle stragi al Foro Italico. “La Fondazione non inviterà nessun candidato, ma accoglierà chiunque vorrà partecipare affermando così con la sua presenza una precisa scelta di campo”. Così si leggeva in una nota ufficiale. A rincarare la dose anche le parole di Fiammetta Borsellino, che ha definito “politicamente e moralmente inopportuna” la riemersione in politica di Salvatore Cuffaro e Marcello Dell’Utri.
Le polemiche hanno così investito anche il trentennale delle stragi, con un Roberto Lagalla assente per il “linciaggio morale” in atto nei suoi confronti e il successivo incidente con Maria Falcone per il post pubblicato sulla sua pagina Facebook (QUI la vicenda).
L’intervento di Marcello dell’Utri e Totò Cuffaro nella compagine di centrodestra è, insomma, il tasto dolente di questi giorni in seno alla politica. “Ma io non ho ammazzato qualcuno. Non sono stato condannato a un fine pena mai“. Così ha dichiarato Totò Cuffaro in un’intervista rilasciata a La Repubblica.
L’ex presidente della Regione precisa i motivi della sua condanna: “Secondo la procura mi è stata data la notizia che c’erano delle microspie a casa Guttadauro (all’epoca reggente del mandamento di Brancaccio, ndr). Io l’avrei riferito a un assessore comunale (Domenico Miceli, ndr). Lui l’avrebbe detto a Guttadauro”.
Un’accusa che Cuffaro ritiene infondata, che ha portato ad una condanna ormai scontata e accettata. E che ha comportato l’interdizione dai pubblici uffici. “Non posso fare il medico, non posso votare e non posso candidarmi. Pensare e fare politica non è un “pubblico ufficio”. Lo dice la legge”, sottolinea.
Sull’opportunità o meno di tale partecipazione alla politica, Cuffaro afferma: “Ognuno ha le sue valutazioni. Accetto le ragioni di chi pensa che non lo sia. Gli altri rispettino le mie”. “La politica è la mia passione – prosegue -. Sono pentito delle mie condotte del passato. Ho fatto degli errori, ho pagato di conseguenza. Posso tornare alle mie passioni”.
Cuffaro ha indicato un’assessora dell’eventuale giunta di Roberto Lagalla. Si tratta di Antonella Tirrito. “Viene dal mondo cattolico. Ma non mi pare che sia frutto della gestione di potere. Io l’ho solo indicata”, commenta. Poi la menzione di Lagalla, che pure si assume la paternità della scelta. “L’abbiamo fatta insieme. Non fa parte del mio partito. È una designazione laica”.